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Giornata di passione, domani, al San Raffaele: dalle 8 del mattino a mezzogiorno le sale operatorie resteranno ferme e le visite ambulatoriali saranno ridotte. Motivo, l’assemblea generale dei lavoratori convocata dalle rappresentanze sindacali. Saranno garantite, come prevede la legge, le urgenze e l’assistenza nei reparti di terapia intensiva. Da discutere ci sono i 450 licenziamenti (infermieri, tecnici, amministrativi e ausiliari) necessari secondo la direzione per risanare il bilancio del Monte Tabor, in perdita di 65 milioni da qui alla fine del 2012.

«Ma se i sacrifici sono davvero indispensabili - osserva Angelo Mulè, coordinatore della Rsu - questi devono coinvolgere tutti, dall’amministratore delegato alle categorie più basse, in modo proporzionale. Non accetteremo che siano penalizzati solo i lavoratori del comparto, che con il loro impegno hanno permesso all’ospedale di andare avanti fino ad ora».

Dal 30 luglio - quando con una lettera l’amministrazione ha annunciato la necessità di tagliare una parte del personale per risanare il bilancio - in ospedale l’aria è sempre più pesante. Domani i lavoratori si riuniranno per decidere cosa fare in vista della riunione di martedì con l’amministratore delegato Nicola Bedin. Nel 2011 la struttura ha perso oltre 60 milioni di euro, e nei primi cinque mesi di quest’anno altri 21: una cifra che, entro la fine dell’anno, dovrebbe triplicarsi. Quella che inizia sarà allora la settimana decisiva:
l’assemblea, convocata sulla spianata davanti all’ospedale, è il primo appuntamento di una serie di proteste organizzate dai sindacati. Per venerdì è difatti previsto un presidio in contemporanea con il concerto della rassegna MiTo che si terrà nel settore B dell’ospedale; sabato prossimo, invece, i lavoratori organizzeranno un corteo nel centro a Milano.

Sul piatto la questione degli esuberi: l’azienda ha già tagliato 36 milioni di euro, rinegoziando i contratti con i fornitori. Deve recuperarne ancora 29 per mettere in sicurezza il bilancio. In ospedale lavorano circa 4mila persone (consulenti esclusi) di cui 3.100 tra infermieri, tecnici e amministrativi: i 450 esuberi, così, mettono a rischio il 14,5 per cento del personale non medico. «Dicono che i licenziamenti sono necessari - dice Margherita Napolitano, sindacalista Usb - ma nonostante le nostre numerose richieste ancora non ci è stato mostrato il piano industriale deciso dall’azienda per risanare il buco. Noi vogliamo vedere i numeri: solo dopo decideremo se trovare un accordo e accettare sacrifici. Che dovranno essere equi e temporanei».

(09 settembre 2012)