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Questo quinto referendum consultivo d'indirizzo previsto per il voto il 12 e il 13 p.v. prevede la risistemazione della Darsena e il ripristino graduale del sistema dei Navigli. Si tratta, se capisco bene, di recuperare la Milano di Stendhal con il lento trascorrere della limpida acqua dei Navigli entro la quale i monelli gridando e giocando si tuffavano allegramente e dove, con passo lento e maestoso, grandi barconi impeciati e neri passano carichi di ogni sorta di masserizie. Su questo naviglio si affacciavano chiese, palazzi e modeste case e anche di notte, come succede a Venezia, le voci dei nottambuli rimbalzavano lungo il corso dell'acqua. Uno studioso di Stendhal nel 1911 venne a Milano per ricercare la Milano del grande scrittore francese: non trovò più nulla. La città si era già urbanisticamente compromessa, nei giardini dei palazzi nobiliari erano state costruite case di reddito, altrove modificati gli spazi e i luoghi.
Venendo più avanti nella storia della città, questa ansia distruttiva dei milanesi venne vieppiù esasperandosi esaltata dall'incremento monetario delle aree di una città centripeta dove tutto tende a portarsi verso il centro. Nel ventennio fascista fu letteralmente sfondato il dedalo di piazzette, viuzze e palazzotti che c'era tra San Babila e Piazza della Scala e dato luogo alla costruzione di corso Littorio (oggi Matteotti) che è un esempio di confusione architettonica nel suo complesso orribile a vedersi. In quello stesso periodo, per ragioni di nascente traffico automobilistico, fu coperto, nel giro di una decina di anni, tutto il Naviglio, per la verità ormai degradato. Ma il colpo definitivo alla distruzione del centro di Milano fu dato dalle fortezze volanti degli alleati e dai loro bombardamenti che interessarono il 60% dei fabbricati. Dopo la guerra tutto fu ricostruito rapidamente ma non bene. Si badò soprattutto ad aumentare le volumetrie in centro, a ultimare la distruzione dei quartieri popolari intorno a corso Vittorio Emanuele, a ricostruire o costruire, appunto per il 60%, le case intorno all'ex cerchia dei Navigli.
Ora, con un romanticismo da architetti o da impresari edili, si immagina di poter riaprire il Naviglio e ricostruire la città di Stendhal senza tener conto di quanto è successo in un secolo e mezzo: il 60%, come si è detto, di case prospicienti alla linea dei Navigli ricostruita con ingresso direttamente su questa, l'attraversamento del canale, per lo meno, di quattro linee della metropolitana più fognature, cavi telefonici ed elettrici. Ma questo è ancora nulla perché nel frattempo il Naviglio stesso è stato degradato a canale irriguo, la portata del naviglio si è pressoché dimezzata, l'acqua molto inquinata, la corrente molto più lenta e sarebbe incapace di superare la cerchia della città. D'altronde per poter ricreare la rete occorre ripristinare anche il Naviglio della Martesana, anch'esso degradato a canale irriguo, anch'esso orrendamente inquinato, anch'esso in parte coperto e sul quale insiste un sistema immobiliare che non prevede più la presenza del canale.
Ricuperare l'acqua del Naviglio è pressoché impossibile sia per la presenza alla fonte della centrale elettrica di Turbigo sia, soprattutto, perché serve a irrigare piantagioni di granoturco e altro nel suo percorso non breve dal Ticino a Milano. Se la corrente è lenta e l'inquinamento fortemente aumentato, si producono vapori maleodoranti. Si aggiunga l'inciviltà dei cittadini che buttano roba nell'acqua come avviene già adesso nel piccolo tratto dove si è cercato di inventare una movida puzzolente e caciarosa.
Non c'è peggio al cattivo gusto. Qualche anno fa ho incontrato un giapponese che stava girando in via turistica l'Italia, aveva fatto Roma e Firenze, stava facendo Milano ma mi disse che non era interessato a vedere Venezia perché l'aveva già vista in America. In effetti a Las Vegas hanno ricostruito (sic) un chilometro di Canal Grande dove scorrazzano gondole a motore e vaporetti con orchestrina e ristorante. Poiché non nascondo mai il mio pensiero credo che il risultato dell'investimento proposto sia proprio questo: di costruire cioè qualche cosa di falso e per turismo di massa, fragoroso e inelegante.
Per fare tutto ciò non basteranno 10 milioni all'anno né si potrà per legge vincolare il bilancio comunale per trent'anni senza prevedere un'entrata stabile e dedicata. L'enorme sforzo previsto costerà ben di più a meno che non si voglia fare come a Las Vegas qualcosa di completamente carnevalesco. Ora io mi domando perché gli elettori dovrebbero votare a favore di un progetto indefinito che solletica romanticismi da cartolina, che non prevede di affrontare in pieno il problema della città, che è puramente e semplicemente quello del pluricentrismo. Cioè di creare, se è possibile data la mancanza della Città Metropolitana, una conurbazione che abbia più di un centro, divida il traffico, ridimensioni il costo delle aree fabbricabili, si snodi su percorsi più vasti e meno improbabili.
Giacomo Properzj
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