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Parto da una frase di qualche anno fa di Stefano Boeri, allora direttore di Domus: " la periferia non esiste più ".
La periferia non esiste più come constatazione oppure come affermazione ?
A distanza di 10 anni da quelle parole, Boeri ripropone il tema in un intervento, dove rilancia la Sua idea di periferia ( in allegato ), o meglio, da dove si inizia per riqualificare la periferia.
Pare Lui abbia un’idea ben precisa al tal proposito quando dice che sono le persone che contano, che non si deve partire dal riqualificare un quartiere costruendo case, occorre prendersi cura delle persone delle periferie prima ancora dei muri.
Certo, guardando quanto ha fatto nel quartiere Isola, oggi una skyline montata su un ex area verde o giardino, a detta dei vecchi residenti del quartiere e dei comitati che da molti anni cercano di contrastare alcuni abusi o ritenuti tali, sembra essere quanto meno disorientato, dando prova pro domo suo, che non sono le persone che contano bensì quello che si costruisce nella periferia a scapito di chi ci abita e a favore spesso dell’alta finanza.
A tal proposito proporrei un ridimensionamento dell’aureo titolo che è stato attribuito al " giardino verticale ".
Nelle logiche assuefatte e intrise di retorica della politica, le periferie ci sono, o almeno, né parlano quanto più possibile i vari politici ma anche architetti ora di qua ora di là, in un ripetersi di roboanti profezie e prodigiose formule magiche intrise di promesse di cambiamento e fantasiose teorie di urbanistica-antropologica.
Gli effetti delle idee spesso sono lontani dal momento del pensarle, così potremmo dire che più si cambiano più non si realizzano, con buona pace dei politici che così hanno alibi e giustificazioni varie.
Gianfranco Dioguardi scrive il libro: città metropolitane e periferie recuperate, parla anche di Milano, soprattutto di Milano, lo fa da studioso o come onorevole componente di Italiana Costruzioni Spa con sede a Milano?
Interessante un Suo punto di vista così come quello di Boeri che verticalizza non solo un giardino ma anche il concetto di periferia così da unire il centro alle aree esterne, con una equazione integrale finanziaria.
Tutti parlano delle periferie.
Ma allora le periferie esistono?
Difficile non scivolare nella retorica, allora possiamo ricorrere alla fantasia per spiegare una realtà con dovizia.
E’ arrivato il Sig. Godot.
Il Sig. Godot esce dalla metafora e diviene un simpatico imprenditore dall’aria bohemien, con propositi di riqualificazione, si incontra con la gente, con i politici, con gli intellettuali famosi, con gli architetti famosi.
Cammina per la periferia di Quarto Oggiaro al fianco di illustri retorici e teorici post-rinascimentali, prodighi di idee e acrobatiche soluzioni di architettura metropolitana, ora di qua,ora di là.
Tuttavia Godot, non capisce, sia i politici che gli architetti parlano di progetti in piedi da molti anni, di idee messe in atto attraverso iniziative, programmi, coinvolgimenti di ogni genere, soprattutto però parlano della gente, di quanto si deve cambiare la gente, di quanto si deve aiutare la gente a pensare diversamente, di quanto questa gente pensi in grigio.
Percepisce una frammentazione e una discrasia tra quanto vede e quanto sente, ma anche fastidio nel vedere come nulla sia cambiato nella realtà e pensa sia difficile pensare a colori quando fuori è tutto grigio.
Poi il Sig. Godot parla con la gente, si ferma con Loro per capire meglio, le persone non sono così come descritte, parlano di tutto, di cultura, di sport e di quanto si parla tra conoscenti, anche dei problemi nel quartiere, non sembrano così grigi e da recuperare, capisce che quel poco che è cambiato è grazie alla Loro buona volontà, sembra abbiamo anche buone idee.
Si guarda ancora intorno, si sofferma sui giardini degradati, sui condomini fatiscenti, sulla mancanza di teatri, sull’inesistenza di angoli caratteristici, sull’assenza di bei negozi, sul senso di insicurezza dato dal non vedere delle divise pubbliche, dei gendarmi, sulla difficoltà dei collegamenti con il centro città, sulla distanza tra la gente e i suoi accompagnatori.
Il Sig. Godot avrebbe molto da investire nel bello, in progetti di integrazione artistica, di idee di ristrutturazione rendendo efficace il bello come esempio educativo, partire dalla riqualificazione urbanistica e culturale per arrivare alla gente, dare più servizi, pensa a quando era a Mosca e prendeva la metropolitana ogni 300 mt.
Capisce che nessuno vuole investire veramente nella riqualificazione delle periferie, per contro, gli illustri accompagnatori, vorrebbero incassare i suoi finanziamenti e poi programmare le solite sperimentazioni di integrazione sociale; poca cosa visto che Lui viene dalla Francia, ha già visto come sia la sperimentazione nelle banlieue e tanto altro ancora nei sobborghi di Parigi dove non sono bastati i processi di integrazione sociale, tanto meno i mega progetti edilizi.
Vorrebbe dare i suoi soldi alle persone, ma questo non è attuabile, sarebbe interessante un’idea del genere, dare i soldi alla gente per migliorare i propri quartieri.
Ma è davvero Godot?
Per i politici e gli architetti no, così svanisce, si smaterializza, resta la metafora beckettiana che nel caso delle periferie, si colora di delusione e ribellione ad uno status che nessuno dei protagonisti infondo vuole davvero cambiare, restano i cittadini illusi di aver visto Godot.
Gianluca Gennai
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