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Inviato da avatar Matteo Cattaneo il 12-02-2019 alle 12:08
NAVIGLI: RECUPERARE O DISTRUGGERE?
una riflessione sul progetto di riapertura dei Navigli.
 
Il Referendum Consultivo 2011, ha visto una percentuale bulgara (94,36%) in favore della riapertura GRADUALE e della riattivazione idraulica e paesaggistica del SISTEMA dei Navigli milanesi.
“Graduale” nel senso che l’opera, una volta iniziata deve poter essere continuata e “sistema” nell’ottica di considerare i vari interventi storici (non coevi) che hanno formato i canali di Milano come un tutt’uno, fissandoli nella considerazione comune nell’immagine temporale di cui abbiamo memoria. Questa memoria è quella delle immagini di fine ’800 / inizio ’900 immediatamente della loro chiusura. Quindi non i canali del ’400, non quelli del ’600, ma l’impianto idraulico presente nella memoria dei nonni (quelli che ancora ci sono) e delle foto che troviamo su internet e sulle stampe appese negli studi medici.
E cioè queste:
 
 
Dato che la comunicazione di questa Giunta fa leva su quel tipo di immagine storica e sul Referendum consultivo come legittimazione, la riflessione è che su questa legittimazione dobbiamo discutere.
 
Nelle relazioni della fattibilità sono illustrati i motivi dell’impossibilità di procedere ad un recupero che sia qualcosa di più di un intervento spot ed è molto dubbia la possibilità di raccordare questo intervento con interventi successivi (si perde quindi la “gradualità” richiesta e l’obbiettivo di ripristino del sistema)
Il ripristino della funzionalità idraulica è fuori discussione.
 
Dal punto di vista paesaggistico l’intervento non è di recupero. Viene recuperata solo l’idea di mimare con nuove tecnologie la presenza di fossi nelle strade, impiantando manufatti che non sono saranno inamovibili in futuro, ma che vanno a distruggere nella loro costruzione ogni traccia delle ripe oggi interrate, che è quanto il referendum voleva ripristinare, ragionevolmente con una riapertura progressiva e un restauro conservativo . La relazione archeologica è chiara a questo riguardo quando tratta degli impatti, anche se considera come emergenze archeologiche a rischio non il sistema delle ripe ma solo le emergenze storiche e monumentali.
 
Ho assemblato due sezioni tipo dell’intervento sovrapponendo per come ho potuto l’intervento di progetto e le preesistenze. Le location sono su via Melchiorre Gioia angolo Cagliero e su via Sforza + o - dove c’è l’accesso al Policlinico)
 
 
 
Le sezioni sono ricostruite su quelle presenti nello studio di fattibilità. Si sono ben guardati da illustrare la sovrapposizione demolizioni e costruzioni.
- In grigio il progetto.
- In rosso l'intervento di chiusura (che viene demolito a parte gli alloggiamenti fognari)
- In giallo le ripe storiche che vengono completamente demolite.
Per la ripa di via Sforza lato est (nell'immagine a sx) considera che dove serve gli sbancamenti li fanno con un berlinese di micropali. Se usano la ripa come spalla e non palificano la sottraggono a ogni recupero futuro, se palificano idem, la demoliscono completamente.
Per le ripe di Melchiorre Gioia (che in alcuni punti erano dei semplici terrapieni, in altri erano manufatti più completi) demoliscono tutto perchè l'alveo precedente è incluso nel nuovo percorso pedonale.
 
QUESTO NON E' QUELLO CHE IL REFERENDUM HA CHIESTO. Qualunque rendering facciano vedere. Navigabilità a parte, impatto sul traffico a parte, costi a parte.
Questo intervento impedirà ogni futuro recupero organico del sistema Navigli in futuro, anche se in futuro ci fossero più soldi, meno problemi connessi e una maggiore sensibilità al tema. Avessero proposto l’inizio di una riapertura parziale con scavo e ripulitura di quello che c’è sotto l’intervento del 1928/30 sarebbe stato diverso. Molta manovalanza e pazienza: qui l’appalto è di edilizia industrializzata: pool di imprese (sempre le solite?), procedure seriali, poca forza lavoro, esternalizzazioni, socializzazione solo dei costi, nessuna ricaduta occupazionale sul territorio. Ma lasciamo anche perdere il tema della manodopera e della sostenibilità dell’utilizzo di risorse locali (imprese e materiali) e anche quello dell’impatto sul tessuto urbano circostante. Il fatto è che questo non è un recupero ma una distruzione in nome dell’ennesima Grande Opera. Come fare un’autostrada su una via romana e dire che se ne vuole recuperare lo spirito.
 
Un recupero del sistema delle ripe sarebbe anche possibile. Sulla Martesana che non è stata riempita di inerti si è formato il piano stradale su una soletta che può essere rimossa, e anche se le spalle che la sostengono difficilmente possono essere demolite (è cemento, sic!) comunque almeno l’alveo rimane quello. Sulla cerchia interna a vedere i disegni storici la ripa dove non passa la fogna potrebbe essere intatta, sono stati aggiunti dei setti di sostegno che già nell’ipotesi della giunta vengono rimossi. Lì acqua non passa più, e l’alveo fu riempito di sabbia e ghiaia (diedero fondo alle cave dell’idroscalo), il materiale fu compattato e ricoperto da magrone vibrato, uno scavo agevole.
 
Dato che la Giunta rimane sorda a ogni voce contraria alla Grande Opera la mia riflessione continua con una proposta:
Oltre a provare a ribaltare la motivazione Referendum la cosa più efficace ed immediata che mi viene in mente è se sia possibile richiedere al Ministero dei Beni Culturali un vincolo monumentale per le strutture storiche presenti nel sottosuolo. Come fosse una necropoli etrusca. Mi è chiaro che l’interesse monumentale non è preminente, ma la volontà dei cittadini espressa con il Referendum lo attesta.
Mi chiedo anche se che il progetto previsto (vista la fattibilità e l’estensione sia delle opere che delle problematiche correlate) non richieda un un procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale di competenza statale o regionale, visti gli Allegati al Testo Unico Ambiente (D.Lgs 152/06). Questo sposterebbe i termini del dibattito in un’altra sede..
 
I punti deboli di un'iniziativa rivolta ai Ministeri sono ovviamente nel bypass della competenza decentrata (Regione/Ministero per la VIA / Soprintendenza per una richiesta di vincolo).
- Riguardo la Sovrintendente Ranaldi un'assunzione di responsabilità, anche su un diniego, sarebbe comunque una decisione difficile e mediaticamente dirompente, specie considerando l'esito del Referendum e un'eventuale RACCOLTA FIRME in supporto della richiesta. Non ce ne dovrebbe essere bisogno, perchè la volontà popolare si è già adeguatamente espressa nel Referendum Consultivo 2011 su questa conservazione (94,36% SI). Riguardo la competenza comunque "L’avvio del procedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico (art. 138 D.Lgs. 42/2004 e s.m.i.) nell’ambito delle attività delle Commissioni Regionali appositamente istituite (art.137 D.Lgs. 42/2004 e s.m.i.) può avvenire su iniziativa dei componenti di parte ministeriale o regionale, oppure su iniziativa di altri enti pubblici territoriali interessati, tra cui il Comune."
- Riguardo la procedura di VIA, comunque venga gestita, anche solo con una verifica di assogettabilità negata, faccio presente Art.3 Quinques del D.Lgs 3 aprile 2006, n. 152 come aggiornato dal Dgls 104/2017.
"3. Lo Stato interviene in questioni involgenti interessi ambientali ove gli obiettivi dell'azione prevista, in considerazione delle dimensioni di essa e dell'entita' dei relativi effetti, non possano essere sufficientemente realizzati dai livelli territoriali inferiori di governo o non siano stati comunque effettivamente realizzati."
Il principio di sussidiarietà si declina anche in garanzia dell’interesse pubblico.

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