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Inviato da avatar Oliverio Gentile il 17-11-2010 alle 12:51

Da milano.corriere.it:

http://milano.corriere.it/milano/notizie/politica/10_novembre_17/consiglieri-pd-fiducia-majorino-1804188437271.shtml


Primarie - Verso la riconferma dei vertici cittadini dopo le dimissioni di Penati

Comune, i consiglieri Pd: «Diamo fiducia a Majorino»

Il capogruppo: il mio destino legato ai miei tre colleghi. Martina: «Dobbiamo irrobustire il progetto»

MILANO - Nuove scosse di terremoto nel Pd. Ieri, Filippo Penati ha dato le dimissioni da capo della segreteria politica di Pierluigi Bersani. Lo ha fatto con una lettera indirizzata al segretario. «Di fronte al risultato della consultazione di domenica scorsa e al dibattito che ne è seguito, credo sia necessaria una mia assunzione di responsabilità». Ma ieri è stato anche il giorno in cui il gruppo consigliare del Pd a Palazzo Marino ha riconfermato la sua fiducia al capogruppo Pierfrancesco Majorino, che insieme a Roberto Cornelli, segretario provinciale, Maurizio Martina, segretario regionale e Francesco Laforgia, coordinatore dei circoli cittadini, aveva rimesso il mandato nelle mani degli organi assembleari.

Per conoscere il destino degli altri tre segretari bisognerà aspettare prima venerdì, giorno in cui è stata convocata l'assemblea provinciale e infine lunedì, quando si riuniranno le segreterie provinciali e regionali. Majorino precisa: «È chiaro che il mio destino resta legato a quello dei miei colleghi». Ma il gruppo ha respinto le sue dimissioni ed è significativo che i primi a intervenire siano stati i consiglieri Davide Corritore e Maurizio Baruffi, alle primarie sostenitori di Giuliano Pisapia. «Il lavoro di gruppo è stato condotto bene fino a qui - ha spiegato Corritore - ed è importante continuare a stare uniti perché il nostro appoggio al nostro candidato sindaco si farà sentire anche sui banchi di Palazzo Marino». Majorino, nel suo intervento, ha ribadito la necessità che «si sia tutti dalla parte di Pisapia perché vogliamo vincere le elezioni insieme».

Disponibilità totale, insomma, che il Pd teme possa venire appannata dalle polemiche seguite al risultato delle primarie. La parola d'ordine è dunque guardare avanti. Lo ripete anche il segretario regionale Maurizio Martina commentando le dimissioni di Penati: «È una scelta che rispetto profondamente. Ma io voglio cogliere il rilancio che c'è nella sua valutazione: dobbiamo irrobustire il progetto per Pisapia e rielaborare il nostro impegno». Dietro alle dichiarazioni c'è il timore che qualcuno nel Pd stia remando contro. Lo dice lo stesso Penati: «Nessun cedimento ad Albertini. L'esito delle primarie è stato chiaro. Nessuno ora osi metterne in discussione il risultato». Nel mirino ci sarebbe parte del mondo cattolico, che vede con preoccupazione la candidatura di un esponente della sinistra e dei «lettiani» che ieri si sono affidati all'onorevole Alessia Mosca per chiedere le dimissioni dei vertici del Pd.

Elisabetta Soglio
17 novembre 2010


Da milano.corriere.it:

http://milano.corriere.it/milano/notizie/politica/10_novembre_17/schiavi-1804187388827.shtml

dopo le primarie del centrosinistra

Segnali dal basso

I milanesi alle urne un segnale chiaro l’hanno mandato: vogliono scegliere senza imposizioni dall’alto

di GIANGIACOMO SCHIAVI

Per chi non ha saputo interpretare la crescente richiesta di politica dal basso che viene da Milano, le primarie di domenica sera sono state un’occasione perduta. Ma i milanesi alle urne un segnale chiaro l’hanno mandato. Hanno detto che gli elettori vogliono scegliere senza imposizioni dall’alto; che una linea politica incerta non crea appartenenza; che in assenza di leader carismatici solo l'unione fa la forza. E che non ci sono più truppe cammellate da portare ai seggi quando i presidi sul territorio sono sguarniti da anni.

Le dimissioni di Filippo Penati da capo della segreteria del Pd sono quasi un atto dovuto: il suo partito ha sbagliato a mettere il francobollo sulla candidatura di Stefano Boeri, a non lasciare campo libero alla democrazia orizzontale, o, se si vuole, allo spirito vero delle primarie. Questo, al di là della qualità del candidato, ha dato l'idea di una scelta pilotata, in contraddizione con lo stesso partito che a Roma vuole cancellare una squalificata legge elettorale che non rispetta la volontà dei cittadini.

C'è stata poca coerenza in questa scelta, pagata a caro prezzo dal Pd con ricadute nazionali e un terremoto incombente nel gruppo dirigente locale. Il gesto di Penati non è usuale in un Paese in cui le dimissioni si annunciano e non si danno: merita rispetto. Ma mette in evidenza la vulnerabilità di un partito sempre più liquido, fragile, esposto alle contraddizioni e incapace di darsi un orizzonte, soprattutto al Nord. Anche per questo ha vinto Pisapia: ha ricompattato l'area dispersa della vecchia sinistra e ha ottenuto la fiducia di ampi spezzoni della borghesia. Ma soprattutto non ha indossato maschere: si è messo in gioco da solo con tre mesi di anticipo senza nascondere niente, dal passato con Rifondazione alla linea garantista. Valerio Onida è sembrato più una figura di garanzia che un candidato sindaco, una risorsa preziosa di alta caratura morale, schiacciato nella competizione creata dal Pd. Stefano Boeri ha perso punti al momento dell'investitura: sulla sua competenza e sulla sua visione di città è stato commesso un fallo da cartellino rosso. Si è fidato di qualcosa che forse non c’è più. Il cantiere Milano riparte: ci sono l’incognita Albertini, il Terzo Polo e lo sbilanciamento a sinistra nel futuro del Pd milanese. Ma ora c’è anche il rischio dello sfaldamento.

Giangiacomo Schiavi
17 novembre 2010


Da milano.repubblica.it:

http://milano.repubblica.it/cronaca/2010/11/17/news/solo_duemila_giovani_alle_primarie_tanto_nessuno_cambia_mai_nulla-9207827/

L'INCHIESTA

Primarie, al voto solo 2mila giovani - "Tanto nessuno cambierà qualcosa"

I ragazzi sotto i 25 anni rappresentano appena il tre per cento dei partecipanti alle urne
Assenti i centri sociali. Mentre in Statale l'opinione è unanime: "Sono lontani dalla realtà"
di ORIANA LISO

Qui non si parlerà dei ragazzi da Grande Fratello, né di quelli attivi h24 nei comitati, ma di quella fascia di mezzo a cui guardano ora gli analisti del dopo-primarie per rispondere a una domanda: perché non hanno votato? E' in quella zona, che si slabbra verso i bordi di disimpegno e impegno, che sono mancati tanti dei voti attesi. Lo dicevano già domenica le sensazioni di chi controllava carte d'identità nei seggi, lo dicono i primi dati sull'affluenza dei milanesi alle primarie: secondo Swg i votanti tra i 18 e i 24 anni, sul totale degli elettori di domenica, non sono stati più del tre per cento, circa 2mila persone, una briciola in confronto ai 78mila ragazzi milanesi di quell'età.

Eppure le aspettative della vigilia - anche su questo - erano molto diverse, forse a falsarle erano le istantanee da campagna elettorale, piene di ragazzi presenti e partecipi. "Ma il problema è che a votare ci sono andati quasi soltanto loro, quelli che facevano parte dei vari comitati elettorali", riflette Giovanni, studente 23enne, che mastica politica dai tempi del liceo ma è impietoso: "Non solo i candidati, ma anche gli stessi ragazzi dei loro comitati elettorali non sono stati capaci di coinvolgere i coetanei, ed è un errore che, se non verrà corretto, si rivedrà tale e quale alle elezioni vere". I motivi di questo non voto, a metterli uno in fila all'altro, farebbero rabbrividire gli ex-giovani, quelli che invece sono andati a votare più o meno convinti. Le voci raccolte tra i ragazzi dicono che "non serve a niente, tanto non cambierà mai nulla".

"Non mi aspetto nessun cambiamento dall'alto, l'unica politica vera è quella fatta di azioni dal basso". "La democrazia ha già perso, non sarà un nome o un altro a portare a casa quello che interessa la gente". Parole che si incrociano anche se a pronunciarle sono ragazzi con storie e percorsi diversi. Cosimo, che a 23 anni studia Filosofia in Statale, non ha votato a queste primarie come non l'ha fatto in quasi tutti gli appuntamenti elettorali di questi cinque anni. "Io non credo alla presa del palazzo, ma all'autorganizzazione, alla spinta autonoma dal basso", è il suo manifesto. Eppure disquisisce di politica con cognizione, parla di movimenti di protesta in Grecia o in Francia per ricordare che le proteste si fanno anche quando governa la sinistra. "Il più a sinistra tra i candidati di queste primarie diceva che voleva più polizia in giro nei quartieri, perché dovrei confrontarmi con loro?"

Per Cosimo l'impegno è quello dell'Assemblea Metropolitana, di San Precario, dei comitati No Expo, "movimenti che non hanno bisogno di questi candidati, perché anche con loro una roba come l'Expo si farebbe comunque". Ecco, tra chi è mancato al voto, nonostante le attestazioni e le voci di sostegno durante la campagna elettorale, c'è molto dei centri sociali e delle realtà autogestite di Milano: insensibili a nomi come Boeri o Onida, si sono resi conto un attimo prima del voto che Pisapia e Vendola, pur vicini a molte delle loro istanze, non avrebbero mai potuto sposarle in pieno. Allo stesso modo sono mancati quei ragazzi, parte non trascurabile dei "giovani" del centrosinistra, sempre più attratti dai movimenti dell'anti-politica: i grillini, quelli di "Qui Milano libera". Non loro, ma altri ragazzi della fascia del non voto, si appassionano a un programma come quello di Fazio e Saviano, "ma lo guardano come si guarda un film dai contenuti irrealizzabili", dice ancora, lapidario, Cosimo.

Quelli che sono qui, e che negli ultimi due, quattro mesi sono stati i candidati alle primarie, per Anita, 18 anni, sono quasi perfetti sconosciuti: "Dov'erano durante tutte le manifestazioni a cui ho partecipato su un tema come la casa? Non posso fidarmi di persone che vivono altrove, lontano dai problemi di Milano". Se fosse andata a votare, ma alla fine non l'ha fatto, sarebbe stato solo un riflesso di una sorta di dovere morale, "ma avrei votato uno come Sacerdoti, che tanto non c'entrava niente con il potere", ammette Anita. Sembrano vivere in un non luogo, questi ragazzi: volontari, impegnati nel sociale, informati, ma impermeabili alle sirene dei candidati. Che la politica sia scollata dalla realtà è l'idea anche di Stefano, studente ventenne di Giurisprudenza: "Mio padre è un imprenditore, i problemi della crisi e della cassa integrazione non glieli risolve la politica, li deve risolvere da sé". È un'idea comune al suo coetaneo Roberto, che però sente anche la mancanza di un passaggio di testimone: "La scuola, e gli adulti in generale, non trasmettono il senso di un impegno politico in prima persona, certo non può venire guardando i tg che alla voce "politica" ci mettono le case di Fini e le donne di Berlusconi".

(17 novembre 2010)


Da milano.repubblica.it:

http://milano.repubblica.it/cronaca/2010/11/17/news/democratici_la_sfida_di_pisapia_non_delegittimate_le_primarie-9222914/

LA CRISI DEL PD

Democratici, la sfida di Pisapia
"Non delegittimate le primarie"

Il vincitore delle primarie: "Sorpreso da esponenti pd che invocano la discesa in campo di altre figure"
Penatti: "Ci sono troppi guastatori all’interno del partito. Adesso dobbiamo sostenere uniti l'avvocato"
di ANDREA MONTANARI

Dopo lo choc del risultato delle primarie e le dimissioni di Filippo Penati, l’ormai ex capo della segreteria politica di Pier Luigi Bersani passa al contrattacco. «Ci sono troppi guastatori all’interno del Pd — denuncia — che dopo le primarie grondano buoni consigli e proposte di collaborazione da tutti gli artigli. Chiedere al Pd di non riconoscere l’esito delle primarie significa dare uno schiaffo ai tanti milanesi che hanno partecipato e minare l’onorabilità del Pd. A Milano si sta cercando di girare pagina e si sta costruendo l’unità del Pd per battere la Moratti».

Il riferimento è a quanti nel partito, come la veltroniana Mariapia Garavaglia, dopo la vittoria di Giuliano Pisapia dicono sì all’ipotesi di appoggiare una ricandidatura di Gabriele Albertini. «Fantapolitica — sostiene il segretario regionale Maurizio Martina — Noi siamo con Pisapia senza se e senza ma». Anche l’ormai candidato sindaco rompe il silenzio sulle faccende interne ai Democratici. Pisapia dice di essere «sorpreso delle dichiarazioni di alcuni esponenti del Pd che invocano la discesa in campo di altre figure più qualificate per battere la Moratti. In questo modo si compie un grave atto di delegittimazione dell’esito delle primarie e si manca di rispetto alla volontà espressa da alcune decine di migliaia di elettori di centrosinistra». Basterà per fermare le fibrillazioni nel Pd? Marilena Adamo invita il partito ad «aprire una riflessione interna». Roberto Caputo ritiene che «sarebbe folle non riconoscere il risultato delle primarie». Ma il consigliere regionale Franco Mirabelli chiede a Pisapia «di aprire subito un confronto con le forze del terzo polo».

Se nel centrodestra la neofiniana Tiziana Maiolo «apprezza» la posizione della Garavaglia, l’Udc prosegue il suo pressing su Albertini. Sabato sarà la guest star all’assemblea nazionale "Meno promesse, più Nord". I dirigenti lombardi del partito di Casini non si sbilanciano ancora sulla sua possibile ricandidatura («Se son rose fioriranno»), ma chiudono, invece, la porta a Pisapia. «Il nostro progetto — chiarisce il coordinatore cittadino Pasquale Salvatore — è alternativo al suo». Il coordinatore provinciale Alessandro Sancino, però, non risparmia una frecciata anche al sindaco Moratti: «Ci dica lei se sarà il candidato e se il suo vice sarà il leghista Matteo Salvini. A seconda della sua risposta, le daremo la nostra opinione».

Nel frattempo, un sondaggio di Lorien Consulting dice che se si votasse oggi al primo turno Giuliano Pisapia avrebbe il 35,1 per cento. La Moratti andrebbe al ballottaggio con il 24,8 e Albertini raccoglierebbe il 19,6 per cento. Nel Pdl, invece, il ministro Mariastella Gelmini conferma che a metà dicembre (o il 12 o il 19) il premier Silvio Berlusconi potrebbe lanciare anche pubblicamente la ricandidatura della Moratti nel corso di una manifestazione pubblica.

(17 novembre 2010)


Da Affaritaliani.it:

http://www.affaritaliani.it/milano/mariapia_garavaglia_pd_ad_171110.html


Mariapia Garavaglia (Pd) ad Affaritaliani.it: "Albertini sindaco, togliamo l'appoggio a Pisapia"

Mercoledí 17.11.2010 18:15

di Fabio Massa

Toni duri, chiari, netti. Parole che dividono, che obbligano a una scelta, quelli di Mariapia Garavaglia, veltroniana doc, già ministro e vicesindaco a Roma. In un'intervista ad Affaritaliani.it la senatrice spiega: "Pisapia? Milano merita un ripensamento. Non ci sarebbe l'unanimità dei consensi del Pd sull'avvocato. Proponiamo di lavorare per la costruzione di un terzo polo. Non possiamo permetterci di gareggiare con Pisapia e perdere le elezioni dopo aver perso le primarie. Ipotesi Albertini sindaco? Dico di sì, è una bella occasione"

Senatrice Garavaglia, le primarie sono state una vera bomba per il Pd...
Le primarie sono state di coalizione, mentre il Pd le ha nel suo statuto per il suo interno. Era la nostra opinione pubblica a dover partecipare, per proporre alle città e al Paese le soluzioni che riscuotono maggior successo in casa nostra. E' stato un confronto tra quattro gentiluomini veri. Alcuni li conosco personalmente, come Pisapia e Onida.

E quindi?
E quindi si sono trovati ad avere il cappello dei partiti. Questo ha indebolito oggettivamente quella società milanese libera che può avere un vertice amministrativo di centrosinistra, ma che non è una città nè di sinistra nè di destra estrema. E poi c'è il problema dell'asse del partito.

Ecco, questo è il punto fondamentale.
Per quanto Pisapia, secondo me, saprebbe fare il sindaco, ottiene uno sbilanciamento verso sinistra che non è la mia posizione all'interno del Pd.

Cosa succede adesso?
Noi abbiamo lanciato l'idea: Milano ha bisogno di un ripensamento. So che alcuni del Pd pensano che bisogna far vincere Pisapia. Io temo che Pisapia non vinca e il Pd era su Boeri. Quindi non si può di nuovo perdere, prima le primarie e poi le elezioni. Il Partito Democratico, se sostiene Pisapia, costringe anche quelli che vengono da posizioni differenti dalla sinistra, a votare un uomo di sinistra.

Una forzatura, insomma.
Anche dal Pd potremmo non avere - e non avremo - l'unanimità dei consensi su Pisapia. Allora io chiedo una cosa precisa al mio partito locale e al mio partito nazionale.

Che cosa chiede?
Di lavorare affinché se si materializzasse un terzo polo di centro, che raccolga quella borghesia milanese illuminata, moderata, io riterrei che sarebbe la soluzione con la quale il Pd non farebbe brutta figura e che anche io francamente sposerei.

Ma non è un po' come sconfessare l'istituto delle primarie?
Si sono sconfessati da soli, infatti si sono dimessi tutti. La sconfitta è stata registrata da coloro che si sono dimessi. Io sono fortunata, posso parlare liberamente. Il fatto che abbiano riconosciuto la sconfitta e si sono dimessi è come se ci dicessero: ragioniamo su cosa possiamo fare per rimediare al danno.

Se questo terzo polo ipotetico candidasse Albertini, lei cosa direbbe?
Se ci fosse un pezzo di Pd, o almeno l'astensione del Pd, direi certamente sì.

Quindi ci potrebbe essere un patto di desistenza?
Se serve a vincere a Milano, per un partito che vuole essere nuovo e moderno e non guardare i metodi del passato, sarebbe una bella occasione. Forse potrebbe essere l'occasione per fare del Pd il partito nuovo.

Però contro Albertini avete combattuto per dieci anni...
Erano anche gli anni in cui noi non esistevamo come Partito Democratico. Ogni partito ha fatto la sua battaglia. Avevamo combattuto anche contro Formentini, però poi è passato tra le nostre fila. Oggettivamente e fortunatamente c'è un'evoluzione del Paese. Ci sono però partiti ancorati a metodi della prima repubblica. Il Pd non è ancora riuscito a spiegarsi che non è più il partito della prima repubblica. Forse i fatti di Milano ci potrebbero aiutare a fare ragionamenti diversi.

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