Organo Morale

“L’intelligenza va ripensata e la coscienza non è una magia. La nostra vera forza è la cooperazione e quello che probabilmente davvero distingue la nostra specie non è la conformazione del singolo cervello: è la nostra abilità nel mettere in comune e condividere le intelligenze individuali" Giorgio Vallortigara

Sull’organo, ripreso più volte nell'incontro, e attualizzato in senso collettivo da Pietro Tamburrini ed altri, dico che si tratta del “cervello sociale”, che si sviluppa a partire dalle relazioni materne e familiari dell’infanzia, fino alla cittadinanza, nel paese e nel mondo.

Una caratteristica che distingue l’uomo dall’animale, è la capacità di astrarre la realtà ed i comportamenti con concetti e simboli, dai pittogrammi al linguaggio parlato e scritto, e quindi anche la coscienza morale, che nacque riferita alla Divinità (*), ora riguarda le norme statutarie delle comunità di partecipazione.

Ma oggi il problema è che la "volontà di potenza”, che pure caratterizza l’Homo Sapiens, non sembra governata da una coscienza morale adeguata a garantirgli almeno i 300 millenni di sopravvivenza del Neanderthal.

Gli ultimi avvenimenti, che ci riportano ai conflitti nazionalistici ed imperialistici di inizio ‘900 in cui i fatti fecero aggio sulla volontà (sic!) delle Nazioni, fanno disperare sulla capacità, per un mondo di 8 miliardi di uomini e 195 Stati Sovrani, di affrontare il rischio combinato disposto d’estinzione, nucleare e ambientale, per cui l’appello a nuove forme di governo mondiale ed al computer come sussidio alla coscienza morale.

(*) suggestiva la teoria del “Il crollo della mente bicamerale e l’origine della coscienza” di  Julian Jayne, secondo la quale fino a circa il 1000 a.C. una grandissima parte degli uomini non possedeva ancora una mente cosciente, nel senso moderno del termine, ma era guidata da voci interiori, attribuite agli dei.