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Avvio questo nuovo confronto sul principio del merito nella scuola dell'obbligo. 


Il merito di pensare alla scuola.

Stimolata da un post di Giuseppe Maria Greco sulla questione del merito propongo un approfondimento nella speranza che posizioni, anche differenti, aiutino ad uscire dagli slogan e offrano argomentazioni, contraddizioni e ambivalenze in ambito educativo, politico/sociale ed etico, spesso meno dichiarate e latenti.

Provo a partire dalla Costituzione

In un Paese come il nostro segnato da clientelismo, da mala gestione della cosa pubblica, ingiustizie ed impunità di ogni sorta, il merito potrebbe sembrare una sorta di risposta ai privilegi della casta. Intendendo come merito una modalità basata sulla competizione sana, fatta di regole condivise e trasparenti, in condizioni eguali di partenza. L’eguaglianza rappresenta la possibilità per tutti e per ognuno di poter “gareggiare” o meglio “partecipare” alle cose della vita con pari opportunità di successo e pari dignità di persone, indipendentemente dai contesti in cui si nasce, si cresce, e ci si forma e tenendo conto degli esiti inevitabilmente diversificati che ne derivano.

Due ipotesi quindi parallele e contrapposte il merito può contemporaneamente essere inteso come una garanzia o un capovolgimento del privilegio e della eguaglianza.

Il discorso sul merito si muove tra questi due opposti non facilmente conciliabili fra loro. Trovare un equilibrio non è né semplice né scontato. Possiamo però convenire che una società democratica fondata sul diritto e sulla uguaglianza della legge non possa by-passare un confronto serio su questa questione. La scuola deve assumere queste contraddizioni come un vincolo non solo come una possibilità. In una scuola democratica, come è la nostra, certamente orientata dalla Costituzione dove il suo ministero si chiama dell’istruzione (non più pubblica) e del merito: l’istruzione è o non è un diritto inalienabile almeno fino alla conclusione dell’obbligo scolastico?

Sappiamo che sulla interpretazione degli articoli della Costituzione ci sono posizioni diverse. I sostenitori del merito come una forma di riconoscimento dell’eccellenza si riferiscono all’art 34, ma in questo articolo vengono citati “i meritevoli” (magari intendendo coloro che nonostante gli sforzi e le condizioni di svantaggio ce la fanno?) non la meritocrazia. Prima dell’art. 34, l’art. 2 stabilisce che l’istruzione è un diritto. Un diritto inalienabile è per tutti, se non è per tutti non è un diritto e si chiama privilegio. Esattamente in questa propspettiva mi pare impraticabile la categoria del merito nella scuola pubblica. I diritti rimandano a dei doveri di solidarietà e non a sistemi di competizione o di premialità di alcuni rispetto ad altri. Infatti l’art. 3, più che l’art. 34 spiega in modo inconfutabile come il dovere che assume la Repubblica verso i propri cittadini riguarda proprio il diritto di uguaglianza: la rimozione degli ostacoli che generano disuguaglianze. Non ci sono mezzi termini “rimozione” è una parola chiara, radicale, significa interventi equilibratori rispetto ai danni che le disuguaglianze producono, e di tutto ciò dà mandato alla scuola. Potevamo mai credere fosse un compito facile da attuare?

Allora il senso del discorso cambia, semmai il grande interrogativo da discutere assieme non è se questo principio di uguaglianza è giusto o meno, se qualcuno se lo merita e qualcun altro meno, ma come fare per poterlo attuare appieno nei contesti specifici data l’irriducibile complessità che esso comporta! Come svolgere al meglio questo mandato? Quali le condizioni indispensabili e irrinunciabili affinché la scuola possa essere nelle condizioni almeno provarci!

Se invece la direzione non è questa, allora il merito può essere solo il pretesto per il mantenimento delle disuguaglianze o, nel peggiore dei casi, lo strumento per mortificare i “non adatti allo studio” delle condizioni, non scelte, in cui versano. Non posso fare meno di pensare a Don Milani ed al suo insegnamento.

Ritorno alla domanda iniziale: il merito è appropriato alla scuola dell’obbligo? Ma inoltre quando anche lo fosse è così fondamentale per la scuola tanto da consideralo una finalità?

La scuola pubblica, almeno rimanendo alla legislazione in vigore, non è finalizzata a stabilire il merito o il demerito degli allievi e ancora meno ad avviare sistemi di selezione. Il governo, dovrebbe azzerare tutta l’intera normativa, carta Costituzionale compresa, e dichiarare senza mezzi termini che la scuola italiana, anche nella fascia dell’obbligo, agisce nella prospettiva del merito individuale, è finalizzata allo sviluppo del merito del singolo come strumento prioritario di perseguimento della società.

Per fortuna tutta questa manfrina sul merito è solo una facezia ideologica e propagandistica, l’applicazione del merito inteso come meritocrazia imporrebbe una totale ridefinizione della scuola italiana, dei suoi scopi, dei suoi criteri, della sua organizzazione, delle sue pratiche e della professionalità di tutti i docenti e i lavoratori della conoscenza, che si troverebbero a fare i conti con i propri principi etici.

Purtroppo però non è tutto oro quello che luccica, mentre il principio costituzionale nella teoria è salvo, c’è una verità che da anni dovremmo cominciare a vedere seriamente per adottare le relative contromisure. Svelo un segreto (quello di Pulcinella) la scuola italiana è già meritocratica.

Lo è, o meglio lo è diventata sempre più negli anni, arrivando a coinvolgere anche la scuola dell’infanzia. Lo smantellamento lento, silenzioso ma inesorabile delle risorse, l’adeguamento ideale all’efficientismo del modello aziendale (i tagli), l’impoverimento culturale generale, hanno reso la scuola un contesto in cui l’educazione e i processi dell’imparare non hanno più tempo né spazio di essere. Chi ce la fa da solo si salva. La burocratizzazione del sistema paralizza e sfinisce l’intera classe docente. La scuola non fa che incanalare gli allievi in funzione dei loro destini, che spesso, come è noto, corrispondono con le loro condizioni socioculturali di origine e provenienza. Il tasso di dispersione è spaventoso. Troppi esclusi restano indietro o escono senza risultati adeguati. La scuola italiana è segnata da infinite diseguaglianze non solo fra nord e sud, ma fra città, centri urbani, quartieri e periferie e con l’autonomia differenziata il rischio di una maggiore disparità è alle porte. Purtroppo questa è la scuola oggi: di parte e meritocratica. E ne abbiamo poca consapevolezza.

Il merito, comunque lo si voglia interpretare, è una nozione che non appartiene alla scuola se intesa come preparazione alla vita sociale e democratica, a scuola non dovrebbe esserci nient’altro da fare se non “stare” nella relazione educativa ed insieme costruire saperi: nulla da vincere o da perdere, nessuno dovrebbe primeggiare, nessuno dovrebbe restare indietro. La scuola ha un solo vincolo ed è un vincolo di senso: permettere ad ognuno di realizzarsi e partecipare al bene comune e al miglioramento del mondo. Se la scuola pubblica non assolve a questa finalità allora a che serve? O a chi altro serve?

Lo so, è un discorso enorme, forse varerebbe la pena di tornare a noi. A noi docenti che la scuola la facciamo tutti i giorni, noi dobbiamo prendere parola. Per quanto mi riguarda mi riserverò di provare a raccontare il senso che hanno avuto il merito e la valutazione nella mia esperienza di insegnante di scuola dell’infanzia. Una scuola che (quando è sana) valuta senza mortificare, che valorizza i piccoli studenti e le piccole studentesse verificando continuamente i passaggi senza interrogatori, senza assegnare voti. Una scuola capace di dare senso al tempo lento e al piacere dell’imparare assieme.

Sarebbe interessante se la discussione sulla valutazione prendesse voce a partire ognuno dalla propria esperienza, orientati da alcune domande, forse fondamentali… sicuramente aperte:

  • merito e valutazione di cosa?

  • di chi?

  • e perché?

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In attesa che si apra un dibattito intenso sull'argomento scuola, propongo qualche considerazione che spero lo vivacizzi. La parola merito ha un significato che abbraccia l'universo della democrazia. Se...
avatar Attilio Paparazzo 1 anno fa
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Il Merito. Avere messo questa etichetta alla denominazione del ministero dell'istruzione non modifica per nulla la condizione della nostra scuola, semmai irrita l'utilizzo del concetto in alternativa...
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La scuola, che come la scienza e in genere la democrazia, avvia alla libera scelta e quindi ammette le opzioni diverse all'unica condizione che rispettino la Costituzione. Questa affermazione, che a prima...
avatar Attilio Paparazzo 1 anno fa
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Gli argomenti che proponi, Giuseppe Maria, nella parte finale del tuo intervento sono molto importanti e centrali per continuare a pensare la scuola come bene comune. Hai fatto riferinento alla necessità di...